
A cura di Alessia Amato
La primavera, da sempre, è sinonimo di risveglio. Sugli alberi fioriscono le gemme, la natura si riappropria dei suoi spazi, ritrova i propri ritmi e i propri colori e questo non può non riflettersi sugli animi degli uomini. Soprattutto, sui più sensibili. La primavera segna il momento in cui la luce ha la meglio sul buio, le giornate iniziano ad allungarsi. È come se la metà “chiara” dell’anno prendesse il sopravvento sulla metà “oscura”. È il trionfo della passione e dell’amore, un simbolo di azzeramento e di rinascita.
E’ bello credere che Sandro Botticelli abbia deciso di realizzare uno dei suoi massimi capolavori spinto da queste sensazioni, magari una mattina di maggio, nel cuore della Firenze dei Medici. Una città capace di rivelare e di nascondere, al tempo stesso, tutto ciò che gli artisti dell’epoca hanno creato. Ed è proprio in quelle vie, tra quei palazzi e quelle ville dallo stile architettonico unico, che si sono mossi i protagonisti della Primavera.
Il dipinto, databile al 1486, è una delle più maestose e famose dell’intero Rinascimento italiano e non solo. La sua bellezza ha incantato generazioni per secoli insieme all’aura di mistero di cui è circondata. Attualmente conservata nella Galleria degli Uffizi di Firenze, essa rientra tra i cosiddetti beni “inamovibili”: di opere che per diversi motivi non possono essere spostati dalla sede museale.
Nella Primavera del Botticelli emergono tutte le caratteristiche tipiche del genio: la continua ricerca della bellezza ideale, pura ed angelica; la delineazione precisa di volti e di corpi, i ritratti perfetti in pose sinuose. Il pittore scelse di ambientarla in un bosco di aranci come possibile richiamo al giardino delle Esperidi. I protagonisti sono nove personaggi collocati su un tappeto erboso pieno di fiori. Il centro della scena è occupato da Venere.
Guardando l’opera da sinistra incontriamo il vento Zefiro che rapisce la ninfa Clori sul cui volto si legge la paura nel tentativo di sfuggirgli. Flora, la personificazione della primavera, è il frutto della loro unione ed è rappresentata come una donna che indossa un abito fiorito. Lo sguardo magnetico e la bocca sinuosa catturano lo sguardo dello spettatore. Flora sparge i suoi fiori mentre Cupido è dipinto in volo. Nel quadro sono presenti anche le tre Grazie che danzano e Mercurio scaccia alcune nuvole con il suo bastone.
Per molti, il giardino rimanda all’Eden. Questo paradiso terrestre umanista è prospero ed animato da creature di rara bellezza. Il critico d’arte Aby Warburg fu il primo, nel 1893, a creare una correlazione tra il tema del dipinto e le teorie della cerchia dei filosofi neoplatonici frequentati da Botticelli. In base a tale teoria, la Primavera sarebbe la rappresentazione di Venere dopo la nascita (raffigurata nell’altro celebre dipinto), durante l’arrivo nel suo regno.
Negli anni Cinquanta, Ernst Gombrich e Erwin Panofsky portano avanti un’altra tesi in cui l’amore rappresentato da Botticelli, nei suoi diversi gradi, “arriva a staccare l’uomo dal mondo terreno per volgerlo a quello spirituale”. Ed è per questo che il gruppo di personaggi sulla destra sono la parte più interessante del dipinto. Zefiro e Clori rappresenterebbero infatti la forza dell’amore sensuale e irrazionale, che però è fonte di vita (Flora) e, tramite la mediazione di Venere ed Eros, si trasforma in qualcosa di più perfetto (le Grazie), per poi spiccare il volo verso le sfere celesti guidato da Mercurio.
La celebrazione della grazia, dell’amore e della prosperità lo rendono tra i capolavori più famosi nella storia dell’arte. Il suo straordinario fascino richiama, ancora oggi, visitatori da tutto il mondo.