C’è chi pensa che la scultura sia una forma artistica obsoleta? Beh, chi è di questa opinione dovrà ricredersi, una volta dopo aver osservato le performance di Jago.
È proprio questo il nome d’arte del giovane scultore italiano nato a Frosinone il 18 aprile 1987
Egli può essere definito uno scultore moderno, perchè come molti altri ha cavalcato la nascita dei social media, promuovendo le sue opere e molto spesso riprendendosi nei momenti realizzativi delle sue opere.
Nel web si possono trovare facilmente, infatti, delle riprese in cui gli appassionati e non solo possono ammirare ancora più da vicino l’estro esecutivo di Jago, che ha il merito di aver portato la scultura ad un livello successivo.

Iscritto all’Accademia di Belle Arti di Frosinone, abbandonata prima di ultimare gli studi, nel 2011 a soli 24 anni viene selezionato da Vittorio Sgarbi per partecipare alla 54ª Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia (Padiglione Italia – Roma – Palazzo Venezia).
L’anno successivo, Il 21 novembre 2012, riceve dal papa la Medaglia del Pontificato, dopo aver eseguito un busto in marmo raffigurante papa Benedetto XVI coperto dalla veste pontificia. Per la realizzazione si ispirò al ritratto di papa Pio XI di Adolfo Wildt.

A seguito delle dimissioni del papa, Jago modificò il busto originale, rappresentando il pontefice emerito a torso nudo e intitolando la scultura Habemus Hominem (”Abbiamo uomo” tradotto alla lettera), come simbolo della rappresentante di Dio tornato a essere uomo.
Nel 2019 a New York Jago ha completato il Figlio Velato, scolpendo un blocco di marmo Danby del Vermont. L’opera, chiaramente ispirata al Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino, rappresenta un bambino disteso coperto da un velo. Il 21 dicembre dello stesso anno la scultura è stata collocata presso la Cappella dei Bianchi della chiesa di San Severo fuori le mura, nel rione Sanità di Napoli.

Il lavoro poteva essere esposto in ogni galleria di Parigi, Londra o di qualsiasi altro luogo prestigioso; ma, invece, Jago ha espresso più volte la gioia nel posizionare il suo capolavoro nella bellissima città partenopea ed in un quartiere che, a suo modo di vedere, ha bisogno di cose belle da vedere per poter risorgere dalle problematiche sociali a cui è legato. Da qui si evince l’importante carattere sociale assunto dall’azione artistica dello scultore, che ha infiammato piacevolmente il cuore degli abitanti napoletani.
Cosimo Guarini per L’isola di Omero