Considerato a tutti gli effetti il primo pittore italiano, la fama di Giotto è documentata nelle citazioni e trattazioni di tanti artisti. Il suo richiamo alle sacre rappresentazioni e all’arte classica trovano corpo in uno spazio nuovo, tridimensionale, che contiene già i semi della spazialità del Rinascimento; i suoi personaggi dalla delicata intensità dei volti, hanno perso ormai la fissità medievale, che non rivelavano emozioni, ma erano solo accennate nei gesti.
La sua fama immediata e duratura è dovuta soprattutto alla magistrale velocità e sicurezza con cui impone un nuovo modello di rappresentazione della realtà, che fa apparire vecchio e superato tutto il repertorio figurativo di Cimabue e di Duccio di Buoninsegna.

Cennino Cennini, alla fine dl Trecento aveva già affermato che Giotto “volse la pittura da greco in latino” intendendo che egli aveva abbandonato i rigidi schemi della pittura bizantina, per aprire un nuovo capitolo della pittura occidentale basata sul “racconto” attraverso i cicli di affreschi degli eventi sacri. La vera “rivoluzione pittorica“ consisteva nel realismo cromatico, nella rappresentazione dello spazio tridimensionale, nell’introduzione del pathos; il tutto sostenuto da una sapiente costruzione dei volumi, definiti nei contorni e con effetti di chiaroscuro.
Il valore del pittore non consiste certo nel saper imitare la natura, ma nel riuscire a esprimere la propria concezione del mondo e quella della sua società. Questa è dunque la grandezza di Giotto: egli è interprete della collettività borghese, laica e religiosa al tempo stesso. L’artista, a partire da Giotto, attraverso la realizzazione di immagini di straordinaria capacità divulgativa dei contenuti, viene ad assumere così un ruolo sociale fondamentale nella società del suo tempo e prepara gli sviluppi culturali futuri.
Rosa Araneo per L’isola di Omero