All’inizio del 900 tutto il mondo dell’arte è in evoluzione, spinto da cambiamenti politici, per le guerre e la veloce trasformazione della società. Il telegrafo senza fili e la radio annullano le distanze, il dirigibile e poi l’aeroplano avvicinano i continenti. I tubi al neon illuminano le città e le automobili aumentano ogni giorno, grazie all’invenzione della catena di montaggio.

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Ed è in questo clima che nasce il Futurismo, primo movimento d’Avanguardia nato in Italia, destinato rompere l’isolamento provinciale della nostra cultura e a riaprire un dialogo tra Italia ed Europa.

Violenti, aggressivi e guerrafondai: i futuristi di sicuro non brillavano per fantasia; non è un caso se fu la banda guidata da Marinetti a scatenare una rissa nel caffè delle Giubbe rosse, a Firenze, scagliandosi contro il gruppo di intellettuali guidato dal critico Ardengo Soffici. Però, con il loro fervore e la loro irruenza, sono riusciti a portare l’arte al di fuori delle mura dell’accademia: celebri le loro serate futuriste, spesso gratuite e rivolte a un pubblico di ogni classe sociale che veniva coinvolto nella performance, si divertiva e si sfogava.
Il Futurismo nasce ufficialmente in Italia nel 1909 quando il poeta Marinetti pubblica il Manifesto futurista sul quotidiano francese Le Figaro, puntando l’attenzione sull’esaltazione del moderno unito alla glorificazione del patriottismo e della guerra.

Un’irruenza, quella di Balla & Co., finalizzata a segnare uno stacco con la cultura del passato, considerata noiosa e borghese. Ovviamente i soggetti prediletti non potevano che essere le automobili, le industrie, le folle agitate, simbolo di una società in continua evoluzione. Per rendere l’idea del dinamismo e della velocità, i futuristi tendono a deformare le immagini, rifiutando l’uso della prospettiva canonica e adottandone una con molteplici punti di vista. Perché come è scritto nel Manifesto:
“Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido”.
Rosa Araneo per L’isola di Omero