Tra il XV e il XVI, Milano acquistò notevole prestigio, divenendo uno dei centri artistici più importanti del panorama italiano rinascimentale, nell’ambito dell’oreficeria e della miniatura. Tale ascesa culturale fu possibile grazie al ruolo giocato dagli Sforza, per i quali, secondo lo storico dell’arte Roberto Longhi, l’arte giocava un modo per affermare «un’identità, la dimostrazione della grandezza di una tradizione culturale e artistica, finalmente liberata dagli ultimi residui del lungo complesso d’inferiorità che l’ha ostinatamente tenuta in soggezione al confronto di altre regioni d’Italia».

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La dinastia degli Sforza si insedia a Milano con Francesco, valente condottiero dei compagni di ventura che si proclamò diretto discendente sposando la figlia del defunto duca e ultima erede della casata viscontea, Bianca Maria Visconti. Proprio per rimarcare questo carattere di successore legittimo, Francesco continuò a chiamare artisti viscontei alla sua corte: seppur ancorato ai gusti delle corti boeme, borgognone e germaniche e attratto anche dalla diffusione delle idee rinascimentali fiorentine.
Esempi di queste sue inclinazioni sono gli affreschi del duomo di Monza con le Storie di Teodolinda. Il ciclo fu creato per celebrare la corte sforzesca ed è ben evidente anche l’influsso del gotico internazionale: grandi dimensioni, preziosità di materiali, stile unico dettato dalla bottega degli Zavattari.
Le novità rinascimentali giunsero nel 1451, quando l’architetto fiorentino fu convocato alla corte sforzesca il Filarete per realizzare l’Ospedale Maggiore; il quale poi scrisse il Trattato di architettura, in cui viene descritta la città ideale di Sforzinda, dedicata al signore di Milano.
Anni dopo la sovranità di Francesco, considerato l’iniziatore della Milano rinascimentale, il Ducato conobbe l’apice con il suo quartogenito, Ludovico il Moro. Ecco che con lui, i passi di grandi artisti s’incontrarono: Leonardo, al quale gli fu commissionata l’Ultima Cena, Bramante chiamato a ricostruire la Chiesa di Santa Maria presso San Satiro, il miniaturista Giovanni Ambrogio de Predis, precedentemente ritrattista asburgico, e lo smaltista Foppa, maestro di Benvenuto Cellini.
Antonella Buttazzo per L’isola di Omero