Quel ramo del lago di Como

La citazione appena proposta è una delle frasi più conosciute della letteratura italiana. Si tratta dell’incipit de I promessi sposi, il romanzo che Alessandro Manzoni scrisse con uno stile ”dolce e descrittivo”.

La prima edizione fu pubblicata nel 1827, ma successivamente vi furono due rivisitazioni: nel 1840 e nel 1842. Gli episodi narrati, però, sono ambientati tra il 1628 e il 1630 nella Lombardia di dominazione spagnola.

Manzoni propone un romanzo unico, che si pone come emblema dell’arte letteraria italiana. Si tratta, insomma, di ”un testo intramontabile”.

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La vicenda inizia quando un giorno Don Abbondio, il personaggio su cui Manzoni può sfogare tutto il suo senso dell’ironia, torna a casa dopo aver sbrigato le faccende quotidiane.

Ad un tratto entra in scena una coppia di Bravi. Questi ultimi sono i servitori di Don Rodrigo, l’antagonista della narrazione. I due intercedono con il frate avendo l’intento di fermare il matrimonio dei protagonisti del racconto, Renzo e Lucia, che il prelato avrebbe dovuto celebrare il giorno successivo.

A tal proposito, è celebre la citazione di uno dei Bravi:

‘questo matrimonio non s’ha da fare, ne domani ne mai”.

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Raffigurazione dei due Bravi e Don Abbondio.

Nel corso delle pagine accadrà davvero di tutto, tra eventi e colpi di scena.

Il libro si pone come un romanzo di formazione, perché i personaggi si evolvono con lo scorrere del tempo. Può essere anche classificato come un romanzo filosofico, dominato dal ruolo della provvidenza, cioè del volere divino.

Ma prima di ogni cosa stiamo parlando di un romanzo storico, che racconta la realtà lombarda di quegli anni, quando tale territorio era oggetto della dominazione di un Paese estero.

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Alessandro Manzoni (Milano, 7 marzo 1785 – Milano, 22 maggio 1873).

Curiosità: nell’introduzione Manzoni scrive di aver trovato la storia in un manoscritto del ‘600 e di averla adattata. In realtà, molti studiasi non sostengono la veridicità di questa informazione. Si tratta, infatti, di un espediente letterario che l’autore usa per mantenere le distanze dalla storia che racconta, e quindi per fare in modo che le critiche in riferimento alla dominazione spagnola fossero attribuite ad altri.

In questo modo nessuno, in epoca di dominazione straniera (quella austriaca contemporanea allo scrittore), poteva accusarlo di nazionalismo.

Cosimo Guarini per L’isola di Omero