“Già mentre frequentavo la scuola di disegno ho cominciato ad interessarmi della teoria dei colori e di composizione pittorica. Ero un grande frequentatore del Louvre, dove ammiravo e studiavo con grande interesse le sculture egiziane, i grandi pittori italiani e francesi. Quando nel 1878 mi sono iscritto alla Scuola delle belle arti di Parigi ho cominciato a leggere il libro del chimico Chevreul che teorizzava le leggi sul contrasto simultaneo dei colori: fondamentale per indagare sulle leggi della pittura. L´anno successivo, la visita della mostra degli Impressionisti, ho compreso che l´accademia non stava al passo con la realtà ed è per questo che ho smesso di frequentarla. Decisi quindi di aderire ad un gruppo di artisti indipendenti e iniziai a lavorare alla Grande-Jatte. Ogni giorno andavo su quell´isolotto della Senna per disegnare, dipingere, osservare le persone, i colori, la luce e poi tornavo nel mio atelier per approfondire i miei studi. Ho eseguito più di trenta tavolette e ritoccavo continuamente il quadro.Quasi al centro del quadro ho dipinto una donna che tiene per mano una bambina. In particolare, la bambina con la corda e i rematori, introducono movimento nella scena. Ogni zona è costituita da piccoli punti di colori contrastanti: il verde chiaro del prato è costellato di punti gialli e arancioni mentre, nelle zone più scure ho usato punti blu e rosa, una soluzione che dà “movimento” al colore”.
Georges Seurat descrive, così, la genesi della sua opera più famosa e quello che compendia, senza dubbio, la novità della sua pittura neo-impressionista. La Grande-Jatte è un’isola di Parigi che sorge in mezzo al fiume Senna.
Su quest’isola, fatta di alberi e prati, i parigini trascorrevano ore serene e spensierate. L’aria è luminosa e calda. La gente passeggia, è seduta a terra, impegnata a fumare o a pescare. Sull’acqua del fiume si vedono vele che passano, rematori che remano. Il soggetto del quadro è tipico da pittura impressionista: una scena di vita urbana vissuta con serenità e che ispira sensazioni piacevoli.
Tuttavia, manca assolutamente quel senso di immediatezza dei quadri impressionisti. Qui, non solo il tempo non viene colto nella sua estrema variabilità, ma vi è una stasi tale da suggerire l’idea che il tempo si sia del tutto fermato e congelato. Le figure sono assolutamente immobili anche se colte nell’atteggiamento di camminare. Ma hanno, soprattutto, una identica posa: sono tutti di profilo o in vista frontale. Ciò dà loro un carattere quasi irreale che ricorda la pittura egizia.

Sembra, quasi, che l’autore si sia recato sull’isola per pensare con gli strumenti della pittura. Come altri pittori, è interessato alla vita mondana di una città che alla fine del XIX secolo è il cuore pulsante del mondo intero.
Ma ciò che, sopra ogni altra cosa attira l’attenzione di Seurat, è qualcosa di più impalpabile: il funzionamento della visione. Seurat sperimenta un nuovo modo di dipingere che sarà definito da alcuni “puntinismo”. La sua tecnica consiste nel punteggiare la tela con colori intensi accostati a cromie complementari, seguendo gli stessi principi che oggi danno vita -in forma di pixel- alle immagini tv, computer e smartphone. Il motivo? Una luminosità mai vista in pittura che Seurat bilancia abilmente creando una composizione armonica e geometrica. Il risultato è una rappresentazione della Grande Jatte come un luogo mitico, pieno di figure immobili, silenziose e statuarie, lambite in ogni senso dall’impeto vivo della luce.
Alessia Amato per L’isola di Omero