Santa Sofia è un notissimo luogo di culto della città di Istanbul, dedicato alla Sophia, ovvero la sapienza di Dio.

Dal 537 al 1453 fu cattedrale ortodossa, oltre che sede del Patriarcato di Costantinopoli. Solamente nell’arco di tempo che va dal 1204 al 1261 fu convertita dai crociati come cattedrale cattolica di rito romano.

Successivamente, il 29 maggio 1453 l’edificio divenne moschea ottomana e rimase tale fino al 1931.

Nel 1935 venne sconsacrata per diventare museo.

Santa Sofia all’interno

L’edificio nel corso del tempo ha subito delle modifiche consistenti, tanto che la sua storia parla dell’esistenza di tre strutture differenti:

  1. La prima chiesa era chiamata Grande Chiesa per le sue dimensioni mastodontiche rispetto alle altre della città, presenti al tempo della propria edificazione. Venne dedicata al Logos, ovvero la seconda persona della Santissima Trinità. La distruzione del luogo di culto avvenne in seguito ad un incendio, scoppiato susseguentemente al conflitto tra il Patriarca di Costantinopoli Giovanni Crisostomo e l’imperatrice Elia Eudossia, intorno all’anno 404.
  2. La seconda chiesa, venne costruita per volere di Teodosio II ed inaugurata nel 415. In seguito alla rivolta di Nika del 532 contro Giustiniano, l’edificio andò in distruzione.
  3. Il 23 febbraio 532 l’imperatore Giustiniano I decise di costruire una nuova terza chiesa, che è quella attuale. Gli architetti furono Isidoro di Mileto e Antemio di Tralle.
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Santa Sofia vista dall’esterno

Nel 1935, il primo presidente fondatore della Repubblica di Turchia, Mustafa Kemal Atatürk decise di trasformare Santa Sofia in un museo.

Come operazione stilistica, i tappeti vennero tolti e le decorazioni pavimentali di marmo riapparvero per la prima volta dopo secoli. Tra l’altro, l’intonaco bianco che copriva molti dei mosaici fu rimosso.

In tempi recentissimi, tra la fine degli anni Novanta ed i primi anni del nuovo millennio, la società American Express finanziò il rifacimento della cupola. Operazione mirata a preservare lo stato della struttura interna dai deterioramenti derivanti dalla veneranda età dell’edificio.

Cosimo Guarini per L’isola di Omero