«Ogni età ha un’arte speciale. L’artista deve studiare la società in cui vive e capire l’arte che gli è data».
Con questa riflessione, il pittore piemontese Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907) si prepara a realizzare Il Quarto Stato, uno dei quadri simbolo del XX secolo.

Per la prima volta nella storia dell’arte italiana viene rappresentata l’ascesa del movimento operaio nella vita sociale del Paese: una massa silenziosa di uomini e donne che, insieme, marciano per i propri diritti.
Sono contadini e lavoratori, guidati da due uomini e una donna che, a piedi scalzi e con in braccio un bambino, esorta i manifestanti a seguirla, mentre il protagonista della scena è l’uomo al centro che avanza disinvolto con una mano sulla cintura e la giacca sulle spalle.
Pellizza decide di realizzare il quadro dopo i moti a Milano del 1898, noti per il massacro di Bava-Beccaris, e sceglie la tecnica divisionista per affermare il potenziale sociale dell’arte, veicolo di idee di progresso e di democrazia.

Ammirare il Quarto Stato è sempre necessario, per non dimenticare che il diritto al lavoro è stata una conquista faticosa, non scontata, che ci fu in un tempo in cui non tutti avevano le medesime opportunità di ascesa sociale. Quest’opera ci ricorda che c’è stato un tempo, non troppo lontano, in cui gli artisti descrivevano la vita degli uomini e delle donne affinché i loro ideali divenissero immortali.
Rosa Araneo per L’isola di Omero
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